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SOFFIO AL CUORE
(LE SOUFFLE AU COEUR)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 giugno 1972
 
di Louis Malle, con Benoît Ferreux, Lea Massari, Daniel Gélin, Michael Lonsdale Ave Ninchi (Francia, 1971)
L'autore di LES AMANTS e dI FEU FOLLET ritorna ad un suo tema costante, la critica della società borghese, dopo una esperienza traumatizzante e liberatrice. Malle insiste molto su questo punto. Dopo una carriera fra le più onorevoli del cinema "giovane" francese, dopo una mezza dozzina di film basati sull'impianto tradizionale sceneggiatura-attori professionisti, egli ha affrontato con CALCUTTA la realtà drammatica ed immediata dell'India, l'incontro con quella umanità così evidentemente presente attraverso un cinema diretto, documentaristico, più vero e più semplice.

Questa verità, questa semplicità dovrebbe anche essere quella di LE SOUFFLE AU COEUR. Il regista ritrova i suoi temi favoriti, ma li rivede con un occhio più limpido,con una ritrovata genuinità, con una nuova umiltà che gli viene dall'esperienza indiana. Ed, in effetti, sono questi i pregi maggiori e non indifferenti dell'ultimo film di Malle. Il mondo dell'adolescenza, che serve al regista per condurre un suo discorso preciso di critica ai valori tradizionali della società, è reso con un'immediatezza, una freschezza una verità invidiabili. Il tono del film, volutamente tenuto su quello sdrammatizzante della commedia, evita ogni compiacimento, ogni volgarità, ogni risvolto commerciale che il tema, quello dell'incesto, avrebbe potuto facilmente richiamare. Purtroppo è proprio questo lato dell'opera, la discrezione e la leggerezza della pittura, il pudore e l'intelligenza della costruzione che la copia italiana del film, abbondantemente tagliata a fini non si capisce bene se di censura o di semplice abbreviazione della durata, colpisce maggiormente; oltre al solito inconveniente del doppiaggio, che sicuramente toglie non poca genuinità ai dialoghi, che sono fra le cose più importanti del film.

Malgrado tutto ciò, la figura di Laurent, con la sua disponibilità umana, la sua solitudine (così bene sottolineata dai dischi di Charlie Parker), il suo incontro con il mondo dei fratelli e con quello, più vasto, della società nella quale evolve la sua famiglia (e anche altrettanto bene, Malle avvicina alla musica di Sidney Bechet), la sua ragionata e cosciente rivolta, è una delle descrizioni dell'adolescenza fra le più misurate ed al tempo stesso più misurate ed al tempo stesso più penetranti che il cinema ci abbia offerto.

Dove il film ci sembra funzionare meno bene è nell'aggancio di questa crisi dell'individuo, a quella più vasta e universale della società. Nello scatto cioè di quel rapporto che, sicuramente, costituiva per il regista la ragione d'essere del film. L'ambientazione d'epoca al '54, gli accenni alla situazione politica contemporanea, gli echi di Dien - Bien - Phu e di Mendès France e, soprattutto, la figura del padre che dovrebbe rappresentare il campione tipico dell'ordine stabilito, delle idee preconcette, non hanno sicuramente gli stessi accenti di verità di quelli che toccano le psicologie giovanili. Quando Malle vuol scendere nell'intimo dei suoi individui, quelli ai quali egli si sente vicino (e penso agli adolescenti, alla madre) il suo cinema è di una sensibilità e di una verità rare; quando il suo discorso vuol farsi generale, quando vuol passare dall'introspezione psicologica allo storicismo politico e sociale (e, anzi, si vuol servire della prima per arrivare al secondo) la sua ispirazione, il suo stato di grazia sembra dissolversi.


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